Le origini

Le origini

Potrebbe sembrare un "chiodo fisso", una mania quella di riportare alla luce alcuni ricordi del passato lontano. Sono scherzi della mente che ripropone, inspiegabilmente e senza preavviso, lampi di piccole situazione che, collegate tra loro descrivono episodi, non fondamentali ma concatenati l'un l'altro.

Nel libro "I racconti del nonno" che ho pubblicatoo, ho affermato che la "madre" delle mie memorie era strettamente collegata ad una data specifica: il 6 luglio 1944, giorno del bombardamento di Dalmine. 
Avevo poco meno di cinque anni.

Certamente a stamparmela nella mente è stato lo choc subito per la presenza, conclusa felicemente, della presenza di mio padre nello stabilimento durante quella tragedia e che è rimasta indelebile negli anni futuri per le vicende che ne sortirono ( paura a rimanere in città, sfollamento in vari paesi dell'hinterland, ecc.).

Ma pur nella labile nebbia dei ricordi appaiono alcune volte flash di ambienti, personaggi e altro che riemergono a tratti.

Cercando di dare una sequenza cronologica a questi fatti, riparto da quelli che mi paiono più lontani.
Sono nato in Città Alta e sicuramente in casa, probabilmente in una casa che oggi non esiste più perché subì la sorte di altre abitazioni della vecchia città a cavallo tra la fine degli anni trenta e l'inizio dei quaranta: "Il Piano di risanamento di Bergamo Alta dell'architetto Angelini".

Tra le opere che riguardavano tale Piano, oltre alla demolizione di vecchi insediamenti abitativi, vi era anche quella della costruzione di un collegamento viario tra via Porta Dipinta, all'altezza del Pozzo Bianco, e via della Fara, intersezione con via San Lorenzo, all'altezza della Chiesetta della Beata Vergine Addolorata, chiamata anche dello Spasimo dei condannati.

Prima della demolizione l'accesso  era consentito da un portone con sopra un'abitazione che dava uniformità alla "cortina" di edifici davanti al Pozzo Bianco.

Il progettato collegamento rimase incompiuto al termine del periodo bellico, e rimase la stradina ancor oggi visibile (sulla parete dell'edificio di sinistra, sino a poco tempo fa erano ancora visibili le "impronte" della costruzione demolita). 

Questo fu sicuramente l'appartamento ove nacqui e vissi per un paio d'anni. L'unica immagine che lo testimonia è questa fotografia che mi ritrae nel cortiletto dietro casa.



Pare impossibile, ma ho nella mente, come due fotografie, un terrazzo a ringhiera e un tavolo rotondo sostenuto al centro da una gamba che mi sembrava enorme e il babbo, con una divisa di color grigio verde, che si toglieva le fasce dei gambali.

Un altro breve flash riguarda un appartamento, con molta probabilità quello in cui si trasferì la mia famiglia durante i lavori di demolizione di via Porta Dipinta. Vedo due ampi finestroni a volta rivolti verso un giardino. 

Dai racconti di mia madre, credo si trovasse in viale Vittorio Emanuele accanto alla scaletta di via Cornasello.

Poi tornammo in Porta Dipinta nello stabile di proprietà dei nonno materni dove nel 1946 nacque mio fratello Carlo.




A proposito di questo edificio credo di dover dare alcune informazioni.
Era l'ala nord est del Palazzo dei Conti Passi, le cui stanze, al "piano nobile" avevano i soffitti a cassettoni affrescati. Come affrescato, con bellissimi rosoni di figure femminili, era il contorno dei soffitti.

Questi particolari li scoprì anni dopo mia cugina, allieva del noto restauratore Mauro Pellicioli.

L'appartamento al piano superiore, in cui andammo ad abitare nel dopoguerra, aveva tracce di antichità ma le difficoltà finanziarie per restaurare e scoprire erano ingenti. Inoltre la mancanza dei moderni servizi in dotazione nelle nuove costruzioni, indusse i miei genitori a progettare lo spostamento in Città Bassa, cosa che avvenne, purtroppo dopo il decesso di mio padre, nel 1957.

Così trascorsi la mia infanzia e parte della gioventù, sino all'età di diciotto anni, in via Porta Dipinta, tra il Pozzo Bianco e la Fara, nell'indimenticabile "tessuto sociale" della città vecchia. 








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