Mangiar sano: "i böröle" della Fara

Mangiar sano: "i böröle" della Fara



Ad ottobre, da ragazzo, mi divertivo ad arrostire, e naturalmente poi magiare, le caldarroste.

Innanzitutto si predisponeva una latta bucandola sul fondo, poi si faceva colletta con gli altri compagni di giochi, e si acquistava un bel cartoccio di castagne, da ultimo si preparava il fuocherello sul quale si facevano cuocere.

Il posto prestabilito per la cottura era, naturalmente, il prato della Fara nel pomeriggio verso l'imbrunire. La preparazione del "festino" era la parte più laboriosa. La ricerca e la predisposizione di ciottoli a cerchio, tenendo presente che ai lati erano necessari gli appoggi per la latta, il rovistare nella cantina per dotarsi di legna adatta al braciere, rametti piccoli per l'accensione e più grossi per mantenere costante il fuoco e il "furto" di fiammiferi dalla cucina per la bisogna.

Con i coltellini, di cui tutti disponevamo, s'iniziava l'incisione delle castagne sul lato curvo per evitare che scoppiassero durante la cottura e, una volta eseguito tale compito, si versava il contenuto del cartoccio nella latta messa sul fuoco. 

Iniziavano i turni per rimestarle al fine di non lasciarle bruciare solo da un lato.

Gli occhi dei compagni seguivano con attenzione e avidità mal nascosta, e qualche suggerimento era d'obbligo, la cerimonia della cottura, pregustando il risultato finale. 

La fiamma dell'improvvisato braciere dava allegria e, contemporaneamente, riscaldava il gruppetto seduto attorno.

Cotte le castagne, mentre il profumo di caldarroste ci avvolgeva, si distribuivano equamente e, in religioso silenzio e con qualche scottatura delle dita, finalmente si mangiavano con gusto. Era il cibo più buono del mondo.

Non avevamo patatine, brioche, merendine varie, ci si accontentava, divertendoci, di quello che la natura produceva. (E detto tra noi, senza allergie di alcun genere).


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