Sul Baluardo
di San Michele, nella parte rialzata del prato, nella seconda metà degli anni
trenta esisteva una struttura circolare in legno, alta un paio di metri e pavimentata
di legno, nel cui interno nel periodo estivo suonavano le orchestrine e la
gente ballava: era chiamata semplicemente la "balera".
Questa
struttura, benché non più utilizzata, sopravvisse nei primi anni di guerra e,
molto probabilmente, fu saccheggiata sul finire del periodo bellico da coloro
che per riscaldarsi andavano a caccia di “combustibile”. Gli stessi frutti
degli ippocastani, numerosi e rigogliosi lungo il perimetro della cinta muraria
di Città Alta, erano raccolti e utilizzati per questo scopo. L’arte dell’arrangiarsi.
Il Baluardo
di San Michele rimase per molti anni con la denominazione di “balera” anche
quando ormai le sue origini e le sue tracce erano scomparse da tempo.
Nel
dopoguerra l’ampio spazio erboso venne destinato ad altre attività, la prima
delle quali fu la “Festa dell’Unità".
La nostra
curiosità iniziò sin dalle prime fasi dei lavori e non capivamo a cosa
potessero servire tutti quei tubi, lunghe assi, tende a cavalletti. Poi pian
piano vedemmo sorgere una sorta di villaggio composto di bancarelle coperte da
tendoni, un palco alla cui estremità era steso un telo bianco, tavoloni, panche
e sedie sparsi nella parte centrale del prato e, appesi ai rami degli alberi,
una marea di bandiere rosse.
Nel tardo
pomeriggio, il Baluardo si rianimava; aprivano gli stand per la ristorazione
composta in massima parte da pane, costine e cotechini alla brace, le
bancarelle proponevano i loro prodotti, quasi sempre composti da materiale
propagandistico anche se non mancava qualche capo di abbigliamento in parte di
origine militare.
Dopo cena il
clou della Festa: la proiezione cinematografica. Le persone si radunavano al centro del prato
utilizzando sedie e panche utilizzate in precedenza per i ristoranti; il brusio
cessava e immancabilmente sul grande lenzuolo appeso sopra il palco apparivano
i titoli del film in programma e gli altoparlanti diffondevano le musiche della
colonna sonora. Erano i primi filmati che vedevo in vita mia.
Il tema era
inevitabilmente relativo alla guerra e, in particolare, alla parte sostenuta
dall’Urss contro l’invasore nazista.
Nonostante
il periodo di forte contrapposizione ideologica, non vidi mai contestazioni,
anzi alle proiezioni assistevano pure persone conosciute nel nostro rione che non
si potevano definire certamente di sinistra.
La contro
propaganda era fatta in chiesa o negli oratori e, pubblicamente, si manifestava
con l’affissione di manifesti o la distribuzione di volantini.
Nello stesso
periodo da Bergamo transitò il Giro d’Italia. La carovana salì da Viale
Vittorio Emanuele, entrò in Città Alta da Porta Sant’Agostino preceduta dalle
auto e dai camioncini che spargevano volantini pubblicitari commerciali e anche
politici. Quale miglior occasione per raggiungere la gente che dai bordi delle
strade assisteva alla competizione ciclistica.
Da uno di questi veicoli furono lanciati degli opuscoli che raccolsi, ripromettendomi
di sfogliarlo dopo aver visto il mio campione: Gino Bartali.
Era “La fattoria degli animali” di George Orwell., adattata
in fumetti; così conobbi per la prima volta il Vecchio Maggiore, Napoleone,
Palla di neve, Gondrano (che mi commosse per la sua tragica fine) e la banda
dei maiali aguzzini, la fedele guardia del corpo di Napoleone.
Nei primi
anni del boom economico, la “balera” diventò, durante la pausa pranzo, il
ritrovo degli appassionati motociclisti che a turno, dopo aver disquisito sulle
particolarità tecniche del proprio motoveicolo, si divertivano a lanciarlo a
gran velocità sui rettilinei delle Mura tra il Baluardo di San Michele e Porta
San Giacomo, imitando la gara motociclistica che ogni anno aveva luogo proprio sul
Circuito delle Mura.
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