La nonna Adele
la vedo ancor oggi vestita con abiti lunghi dal colore nero
con motivi grigi, un grembiulino chiaro
nelle cui tasche aveva sempre una caramella per i nipoti. I capelli raccolti a
crocchia e intenta a lavorare coi ferri da maglia per realizzare qualche
maglione o calzini di lana.
Sempre allegra e pronta a raccontare storielle o favole con
l'accento veneto a noi nipoti che
l'ascoltavamo con attenzione.
Si era trasferita con la famiglia a Bergamo da piccola, dopo
una delle tante alluvioni del Polesine che avevano distrutto la sua abitazione
Il suo paese d'origine era Polesella, in provincia di Rovigo, dove era nata il
10 ottobre 1882. Una delle periodiche emigrazioni di quelle popolazioni causate
dalle esondazioni del Po. Mi raccontava come era stata salvata, con sua madre,
su una barca e trasferita successivamente su terraferma.
Ricordo sua madre, chiamata nonna bis, alta e segaligna che
si spense nel 1944 all'età di oltre novant'anni.
Nonna Adele aveva
messo al mondo otto figli, quattro maschi e quattro femmine, di cui una mia madre, mamma Maria.
Con i maschi
non fu molto fortunata; zio Alberto, di cui porto il nome, mori nel 1939
all'età di 21 anni a causa di tifo, zio Giuseppe, chiamato familiarmente Pino,
morì all'età di 28 anni, durante il periodo bellico a causa di una violenta
infiammazione dell'appendicite, trasformatasi in poche ore in peritonite a
causa di mancanza di farmaci che avrebbero potuto salvarlo. Quando i medici
decisero l'intervento ormai era troppo tardi.
Lei e nonno
Ettore, si erano sposati il 29 maggio 1905, abitavano
a piano terra della casa di famiglia e davanti al loro ingresso vi era un
cortiletto nel quale eravamo soliti giocare, ma spesso, stanchi, ci rifugiavamo
nell'appartamento ad ascoltare incantati
le filastrocche, ricordi del suo paesello natio. E mentre le raccontava,
continuava nel suo "agugliare", preciso e metodico.
Ho ancora
nella mente la disposizione del suo appartamento: all'ingresso la sala con un
tavolo al centro, sulla sinistra una
credenza accanto alla quale vi era uno stretto e alto mobiletto con la
fotografia dello zio Pino in costume da cavallerizzo medievale con corazza,
elmo e spada, (aveva fatto la comparsa
nel film "Giovanni delle Bande Nere"). All'entrata due porte ai lati,
una per accedere alla camera da letto e l'altra per il salottino dove lavorava.
In fondo
alla sala altre due porte: a destra si accedeva alla cucina e ai servizi, a
sinistra ad un piccolo sgabuzzino. In quest'ultimo vano la mia attenzione era
attirata da un macinino con una ruota a manovella che mi sembrava enorme.
Nel
salottino in un cestino posato accanto
al divano, spuntavano gli aghi da lana e i gomitoli che lentamente si
srotolavano nella produzione della maglia di lana. Era quasi sempre lana
riciclata, ricavata da maglioni smessi, ma ancora ottima per ricavarne di
nuovi. Non ne sprecava molta e alla fine
il manufatto non denunciava la provenienza della materia prima.
Non aveva
particolari ricette culinarie, ricordo con piacere la minestra di riso con
prezzemolo tritato: l'unica minestra della mia vita che ho apprezzato. Ma forse
tale apprezzamento è dovuto solo nel ricordo di quegli anni.
Per anni
aveva gestito, assieme a nonno Ettore, un'osteria e successivamente una
latteria in via Porta Dipinta. Prima di cedere quest'ultimo esercizio, era
stata coadiuvata da zia Linda, la più giovane delle sue figlie.
Rammento,
nel primo anno del dopoguerra, i pomeriggi invernali quando veniva tolta
l'energia elettrica. Era all'imbrunire e per qualche ora le case e i pubblici
esercizi piombavano nel buio. La nonna chiudeva la serranda del negozio e, in
compagnia di mia mamma, di zia Linda e del sottoscritto ci si rifugiava nel
retro e, al lume delle candele, s'improvvisava la "merenda" a base di
polenta fredda e acciughe. Sulla stufa a legna si abbrustolivano le fette di
polenta avanzata dal pranzo di mezzogiorno e...la tavola era imbandita.
Ho avuto la
fortuna di avere presenti sia nonna Adele che nonno Ettore al mio matrimonio e,
successivamente con la mia primogenita Mariagrazia andavo spesso a far visita
alla nonna. Era là. nel salottino con
gli occhiali sulla punta del naso e gli inseparabili aghi da lana, come sempre.
La
secondogenita, purtroppo, non ha avuto lo stesso piacere. Il nonno era deceduto
prima che lei nascesse, era il 1965, e
con nonna Adele era troppo piccola per ricordarla.
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